« Non sappiamo più accendere il fuoco, non siamo capaci di recitare le preghiere e non conosciamo nemmeno il posto nel bosco, ma di tutto questo possiamo ancora raccontare la storia, e ancora una volta questo bastò.» [Estratto da un racconto di Gershom Scholem]
Abitare un bosco è un corpo a corpo con il tempo. è lui l’abitante più concreto di questi luoghi. Laddove l’umano si è ritirato o non ha trovato le giuste motivazioni per insediarvisi, vige un altro ordine delle cose, altre leggi, un altro tempo. Quello che Darwin per primo ha chiamato Tempo Profondo, quel fluire continuo, biologico delle cose viventi, qui è percepibile concreto, pervasivo. L’umano oggi si è allontanato dal bosco, l’evoluzione della nostra specie ci ha portato a prediligere la costruzione artificiale di un habitat adeguato alla nostra sopravvivenza, più che l’adattamento e la relazione con lo spazio naturale. Molte cose abbiamo guadagnato, molte ne abbiamo perse. Tra le più importanti c’è la relazione con il tempo profondo. Il problema è di non essere più in accordo con il ritmo da cui veniamo e a cui risponde la materia di cui siamo fatti.In questa distanza che è in primo luogo organica e poi intellettuale, sembra si consumi gran parte dei dolori dell’uomo e la minaccia più grande per tutto ciò che ci circonda.
In Nella casa c’è un pino che brucia ci misuriamo con la lotta che emerge quando proviamo a ristabilire un contatto, un accordo, con ciò da cui ci siamo allontanati. Ciò che nasce dall’esposizione dei corpi al tempo è una caduta. Una caduta della comprensione, una caduta dei corpi, una caduta dentro il lato in ombra delle cose, una caduta nel tempo.
E quando sopraggiunge la foschia dell’imbrunire, quando nel bosco arriva la notte, qualcosa di misterioso ci avvolge. Tutta la follia, la violenza, il conflitto tra ciò che siamo e ciò che crediamo di essere, s’impossessa dello spazio. Eppure più emerge la ferita, più una voce dal fitto del bosco ricorda che siamo parte dello stesso tempo, che siamo sulla stessa asse di rotazione, che percorriamo la stessa orbita, e che partecipiamo dello stesso movimento. E più sentiamo di essere parte di una casa più grande più la nostra s’infiamma e brucia.
La performance è l’esito di un serie di residenze svolte dalla Compagnia alla Tenuta Dello Scompiglio a partire da giugno 2014.
english
« We are no more able to turn on the fire, we are not able to recite the prayers and we don’t know the place in the woods anymore, but we can still tell its story, and once again, this was enough.» [Excerptfrom a Gershom Scholem's writing]
Dwell a forest is a grapple with the time. Is the time the more concrete inhabitant of these places. Where the human is withdrawn or has not found the motivation to settle there, reigns another order of things, other laws, a different time. What Darwin first has called “Deep Time” , the constant biological flow of living things, here becomes concrete and pervasive. Today the human has moved away from the forest, the evolution has led us to prefer the construction of a human scale artificial habitat than the adaptation and the relationship with the natural space. We have earned many things but we have lost many other. Among the most important is the relationship with the Deep Time. The problem is that we are no longer in agreement with the primordial rhythm to which respond our constitutive substance . Starting from this distance , more organic than intellectual, take place most of the human pains and the greatest threat to everything that surrounds us.
Making “In the house there is a burning pine” we face up to the fight that emerges when we try to re-establish contact, an agreement with this lost knowledge. From the exposure of the bodies to the time comes a fall. A fall of comprehension, a fall of bodies, a fall into the shadowed side of things, a fall in the time itself. And when the mist of the nightfall arrive , when in the woods comes the night, something mysterious surrounds us. All the madness, violence and conflict between what we are and what we believe to be, take possession of the space. And more the wound emerges , more a voice from the depths of the forest reminds us that we are part of the same time, that we are on the same rotation axis , we walk the same orbit, and we take part of the same movement. And more we feel to be part of a bigger house, more our one ignites and burns.
ideazione e regia/idea and director: Leonardo Delogu con/with: Helene Gautier, Simone Evangelisti, Sara Leghissa, Elena Cleonice Fecit, Daria Menichetti, Francesco Michele Laterza, Leonardo Delogu, Giovanni Marocco, Mael Veisse luci, oggetti di scena, macchinerie/ light, objects, machine: Giovanni Marocco costruzione architettonica/ architectonic construction: Mael Veisse suono/sound: Michele Bertoni
una produzione/ a production by Associazione Culturale dello Scompiglio