ideazione, testi e messa in scena Leonardo Delogu, Arianna Lodeserto, Valerio Sirnå con Loredana Canditone, Daria Greco, Serena Emiliani, Arianna Lodeserto, Chiara Lucisano, Chiara Marolla, Marta Olivieri, Michela Rosa, Valerio Sirnå Sculture di scena Mattia Cleri Polidori Luci Mattia Bagnoli Musiche originali Capibara Suono Clovis Tisserand Aiuto scenografo Tiziano Conte Nel montaggio letterario Yves Guignard, Fernand Deligny, Morena Pavan, Gilles Deleuze, Milo De Angelis, Rainer Maria Rilke, Ida Travi, Dino Campana, Maurice Pialat, Lucia Amara, Josée Manenti, Luigi Monti, Dino Campana. Locandina Ozge Sahin Fotografie di scena Agnese Sbaffi Video Lorenzo Letizia Sigla iniziale Federico Motta Produzione DOM- Coproduzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale
durata 1h 15
In un paesaggio annerito dalle scorie, tra i calchi del mondo conosciuto, spettri, operaie, vagabondi efficaci ed altre canaglie passano quasi tutto il tempo a oscillare, a non lavorare: l’incendio non c’è, deve solo poter cominciare. E mentre i percorsi si ripetono, il quotidiano si slabbra nelle possibilità continuamente dispiegate del circostante; si improvvisa un pic-nic, una catena al lavoro (pressoché inoperosa), una pazzia ad alto funzionamento. I cortocircuiti somatici si dispiegano a più riprese, lungo un sentiero impresso nell’asfalto che costeggia una voragine, una cella, una fabbrica. Ma allora l’incendio c’è già stato: torniamo nel luogo dell’innesco a raccogliere i reperti. Ibride, mutanti, stanche, buchiamo le reti di giardini inaccessibili, facciamo tremare la terra (o siamo solo testimoni degli smottamenti), e quello che lasciamo alla fine è un gesto minimo, una fiaba alla rovescia, la traccia di una fuga. Con CAMPFIRE/dove comincia l’incendio, DOM- prosegue la sua indagine, cominciata radiofonicamente con Nausicaä/vivere tra le rovine e proseguita en plein air con WILD FACTS/fatti feroci, sui concetti di giardino, sugli spazi di reclusione e sull’erranza postindustriale. .
ENG
In a landscape blackened by slag, among the moulds of the known world, ghosts, workers, efficient vagabonds and other rogues spend almost all their time swinging, not working: the fire is not there, it just needs to be able to start. And while the paths are repeated, the everyday is folded into the continuously opened possibilities of the surrounding; a picnic is improvised, a chain at work (almost inoperative), a high functioning madness. The somatic short-circuits take place several times, along a path marked in the asphalt that runs along a pit, a cell, a factory. But then the fire has already been there: we return to the place of the ignition to collect the findings. Hybrid, mutant, tired, we cut holes in the nets of inaccessible gardens, we make the earth tremble (or we just witness the landslides), and what we leave at the end is a minimal gesture, an upside-down fairy tale, the trace of an escape. With CAMPFIRE/dove comincia l'incendio (where the fire begins), DOM- continues his investigation, begun radiophonically with Nausicaä/vivere tra le ruvine (Nausicaä/living among the ruins) and continued en plein air with WILD FACTS/facti feroci, into the concepts of the garden, spaces of confinement and post-industrial errancy.